TEATRO DEL LEMMING – AMLETO
DA SABATO 11 A DOMENICA 12 OTTOBRE 2025 – TEATRO STUDIO | Rovigo
AMLETO è l’opera che, più di ogni altra, inaugura la cultura moderna; anzi, per molti aspetti ne costituisce il mito fondante. Come personaggio mitico, Amleto dà vita ad un personaggio scisso, dilaniato, smarrito.
Amleto è scisso fra fede umanista e scetticismo conoscitivo, fra segno e simulacro. È dilaniato, sul piano psicologico, dalla contesa fra il nome del padre e richiamo affettivo della madre, fra passato aureo e presente decadente, fra eros e rifiuto del corpo, fra ragione e follia, fra follia recitata e follia sperimentata direttamente.
Nella sua natura scopertamente metateatrale il testo shakespeariano pone al centro il problema del teatro. Un teatro inteso come spettacolo, cioè simulacro, inganno, falsità, ipocrisia. Da questo punto di vista lo “spettacolo” ha ormai completamente invaso, insieme al regno di Danimarca, alla sua corte e ai suoi cortigiani, l’intero nostro mondo contemporaneo: qui la realtà si afferma come tale solo in quanto perpetua finzione.
A questa spettacolarità diffusa Amleto oppone un teatro che sappia invece smascherare l’inganno, diventare uno strumento in grado di prendere in trappola la coscienza dello spettatore.
Il Teatro del Lemming, fondato a Rovigo nel 1987 è una compagnia di ricerca e di sperimentazione teatrale. Il gruppo si afferma, a partire dagli anni Novanta, come una delle realtà più innovative della scena attraverso un percorso teatrale, unico nel panorama italiano, che si caratterizza per il coinvolgimento diretto, drammaturgico e sensoriale degli spettatori. La Compagnia è da molti anni ideatrice di una originale pedagogia teatrale denominata I cinque sensi dell’attore.
Cari e care Alessio, Diana, Fiorella, Katia, Massimo, Maddalena, Marina, Mario, Veronica,
Premessa: ogni vostro lavoro è come una galleria d’arte, un insieme di opere certamente legate da
un filo conduttore, ma anche aventi valore a sé stante e tra le quali ci si perde, tanti sono gli input
che arrivano contemporaneamente.
Ragion per cui ne esco sempre con la sensazione di aver colto appena una piccola parte di senso, e
chiedendomi quanto altro invece mi sono perso.
Una piccola parte di senso, della grandezza di un seme.
Ma forse il senso è proprio questo, uscire dall’esperienza portandosi dentro un seme che stia lì in
germinazione per sortire forse col tempo qualche effetto.
Solo forse, perché non tutti i semi arrivano a diventare le creatura potenziale che sono.
Venendo ad Amleto, cosa mi sono portato a casa?
Naturalmente mi è sorto spontaneo fin da subito chiedermi come mai, rispetto agli altri lavori del
Teatro del Lemming, questa volta fosse previsto un ruolo di spettatore tradizionale, seduto lontano,
nessuna interazione con attrici e attori. Perché la mancanza del coinvolgimento diretto, questo tratto
fondante del vostro lavoro? Perché questa differenza?
Be’, ecco la risposta: questa differenza non c’è.
Io posso dire di essermi sentito pienamente coinvolto (per certi versi, perfino più di altre volte), la
performance è arrivata come un’onda potentissima ad investire e tenere avvolto me spettatore per
tutta la sua durata.
Lo stare stavolta seduto non era affatto un caso, il suo senso era quello di far esperire la condizione
di chi trova di fronte a sé una situazione che percepisce troppo distante da sé per poter fare
qualcosa, totalmente fuori controllo, troppo grande e troppo veloce per riuscire a starci dietro (e
dentro). Uno stato di totale impotenza sbattuto in faccia ancora di più dal fatto che, anche di fronte
all’opportunità data di poter anche solo lievemente influire, comunque non ce la facciamo, o non ce
la sentiamo, o ci sentiamo troppo fuori luogo.
Forse proprio perché partiamo dal presupposto che in fondo la cosa non ci riguardi, che sia altro da
noi, noi non c’entriamo niente con tutto ciò.
Mi riferisco in particolare al momento in cui veniva porto il microfono al pubblico. A me non è
capitato, ma non so se sarei riuscito a parlare o forse avrei detto qualcosa sulla cui adeguatezza
avrei avuto poi mille dubbi e magari provato anche imbarazzo. Ed è proprio questo il punto, il senso
di questa condizione.
Naturalmente il tutto è estremamente attuale e riconducibile alla nostra quotidianità.
Io personalmente l’ho ricondotto subito al genocidio della Striscia di Gaza e a quanto sia importante
non limitarsi a guardare, ma cercare di dare ognuno il proprio convinto contributo, per quanto
piccolo, per quanto simbolico.
Penso alle proteste pacifiche, al metterci la faccia, all’urlare – ognuno a modo suo – “Stop al
genocidio!”, “Palestina libera!”, e così via per ogni altra forma di guerra, violenza, discriminazione,
ingiustizia che accade ovunque, ogni giorno.
E penso che fortunatamente il mondo è ancora pieno di Amleto che alla fine si rispondono:
“Essere!”
Come sempre, vi ringrazio