DAL 28 FEBBRAIO AL 02 MARZO 2025 – TEATRO STUDIO | Rovigo
Questo lavoro si costituisce come terza parte di un ciclo che, dall‘Iliade alle Troiane all‘Eneide, intende indagare il tema della distruzione di una civiltà, dello smarrimento e dell‘esilio.
Attraverso questo ritorno alle radici della nostra cultura vogliamo interrogarci sulla possibilità della conservazione di una identità culturale, la nostra, della sua trasformazione e di una sua possibile rifondazione.
Il periodo storico che stiamo vivendo fa sentire ciascuno di noi come Achei lanciati alla distruzione di città e contemporaneamente come Troiani alla deriva. Il nostro volto sempre più assume su di sé il volto del conquistatore insieme a quello dello sconfitto. Giochiamo entrambi i ruoli, alternativamente, nella ruota della storia. Oggi essi però sembrano darsi contemporaneamente. Siamo i distruttori del pianeta e insieme, proprio per questo, attraverso i cambiamenti climatici, le guerre e le pandemie, le vittime di questa distruzione.
E nella terribile condizione dei migranti sta insieme l‘origine e il destino della nostra civiltà. Dopo i lavori su ILIO e TROIANE questo terza parte si concentra sulla figura di ENEA come archetipo dello slancio utopico verso una possibile rifondazione.
“Questo teatro, diverso, anti-tradizionale, che quotidianamente lotta per la propria sopravvivenza, rappresenta una piccola rivincita nei confronti di quel segmento di realtà che tenta silenziosamente di narcotizzare la coscienza di un uomo che, per poter comprendere e interpretare il proprio mondo, sembra volersi avvalere sempre di meno del potenziale ermeneutico ed euristico delle arti“
Giacomo Fronzi
c/o Teatro Studio
viale Oroboni, 14
45100 Rovigo
tel. 0425/070643
P.I. 00857380299
C.F. 93004620295
© Teatro del Lemming. All rights reserved. Powered by YOOtheme.
Cari e care Francesco, Nicole, Pasquale, Riccardo, Raul, Teresa, Elena, Veronica, Maddalena,
Cosimo, Chiara, Katia, Marina, Massimo,
dopo Edipo, Dioniso e Penteo e Amore e Psiche, stavolta è successo qualcosa di diverso. Stavolta
qualcosa è entrato veramente e in modo più profondo. Come accennavo nella lettera di risposta ai tre spettacoli della Tetralogia, sono state tutte esperienze interessanti e certamente intense da provare, eppure è sempre mancato qualcosa, quel poter dire, in tutta autenticità: sono diventato, che si trattasse di Edipo, Penteo o Amore.
Mi sono chiesto da che cosa sia dipeso questo e le motivazioni possono essere molteplici, tuttavia
credo che gli elementi decisivi siano stati la diversa tematica e il forte senso di attualità della
vicenda condivisa.
Se ripenso ad Edipo, Dioniso e Penteo e Amore e Psiche penso al sogno: una parentesi onirica dalla
realtà che è in primis un’opportunità di esplorare, curiosare, sfogarsi, divertirsi avendo però sempre
ben presente che è un qualcosa da cui poi ci si sveglierà.
Con Aeneas invece è accaduto l’esatto opposto: è stato un essere gettato nella cruda realtà storica.
Ho provato l’assordante angoscia di sentire la sirena antiaerea, di ritrovarmi nel caos della gente che combatte, muore, fugge terrorizzata, ho compartecipato al lutto e alla disperazione, alternati a quelle fortunate occasioni di gioco, pace, tenerezza.
È quello che è sempre successo e continua a succede ancora oggi, anche ora, in questo stesso
momento mentre scrivo, nel mondo. E per quanto si possa empatizzare leggendone sui giornali o su
internet o vedendolo attraverso lo schermo del televisore, ci è sempre concesso il lusso del distacco, non trovandoci nel vivo della vicenda.
Vivere questa esperienza ha significato per me raggiungere, rispetto a tutto ciò, un altro, più elevato,
livello di empatia, ecco. Nel vero senso per cui empatizzare con qualcuno significa sentire sulla
propria pelle il vissuto di un’altra persona, al punto di sentire di essere noi stessi quel qualcun altro,
per un momento breve o lungo che sia.
Ecco perché questa volta posso dirlo: sono diventato uno sfollato sotto i bombardamenti, un
profugo disperatamente in fuga. E le alternate occasioni della condizione opposta non fanno che
accrescere il senso di ingiustizia per l’ineguaglianza delle sorti. Perché noi siamo qui a poterci
concedere vittoria, spensieratezza, amore, gioco, coccole, quando contemporaneamente lì a due
passi da noi qualcun altro muore di paura, stringe un bambino morto, sta attraversando il dolore
della perdita e del lutto?
Concludo questa lettera dicendo che stavolta mi si presenta l’occasione di fare io un regalo a voi.
Nel corso degli anni mi è capitato di dedicarmi alla scrittura di racconti brevi e nel 2022 ho
partecipato ad un concorso letterario incentrato sulla tematica della guerra, ispirato allo scoppio
della guerra in Ucraina.
Ho ripensato a questo mio racconto mentre ero lì a vivere l’esperienza di Aeneas, per l’affinità di
tematiche e di messaggio veicolato. Un’affinità che naturalmente sento tuttora e per questa ragione
ho piacere di condividerlo con voi, inviandovelo assieme a questa lettera e scrivendovi io questa
volta sarei felice se mi scriveste le vostre impressioni.
vi ringrazio,
Davide B.
Lo spettacolo “Attorno a Troia_Aeneas”, che riunisce e collega i due precedenti spettacoli del medesimo ciclo, mostra l’utopia di coloro che pensano di poter ricostruire sulle macerie, nascondendole come polvere sotto il tappeto. Durante lo spettacolo, è forte il senso di immersione nelle diverse fasi, durante le quali l’attore diventa una guida, che indirizza lo spettatore, attraverso movimento, espressioni, e poche frasi, chiare e concise, a vivere ogni situazione immedesimandosi, prima attraverso la visione della guerra contro gli Achei, poi con l’azione diretta nel dolore delle Troiane, e infine con la mente durante la dichiarazione dei diritti umani. Il passaggio da carnefice a vittima provoca un senso di colpa angosciante, sottolineato dal paragone con il mondo moderno, che ci rende tutti complici del clima di distruzione e smarrimento che viviamo e generiamo. Dopo lo spettacolo, il senso di inquietudine mi ha abbandonata, lasciando però spazio alle domande, che sorgono spontanee dalla visione degli orrori e delle sofferenze che, attraverso la guerra e il nostro egoismo, causiamo a noi stessi e all’ambiente che ci circonda. Se siamo veramente così coinvolti, sia da distruttori che da vittime, quanto siamo veramente disposti a sacrificare per distruggere quello che consideriamo il nostro nemico?
Rosanna A.
L’immersione all’interno dell’opera è estrema: se all’inizio lo spettatore viene introdotto a una dinamica di conflitto da una posizione estrema, ovvero la linea di battaglia che divide gli attori del conflitto, alla fine diventa parte integrante della tragedia. Entra a contatto con diversi personaggi e allo stesso tempo nessuno, autentiche vittime e persone piene di speranza che vengono risucchiate dall’anonimità dello spirito la cui vita viene cancellata senza ragione.
Uscendo di scena lo spettatore, diventato esso stesso vittima e attore della tragedia, sente di aver perso qualcosa, di essere stato costretto ad abbandonare una parte di sé all’interno della scena.
Grazie!
Alessandro P.
Ho visto ieri sera il vostro spettacolo e l’ho trovato emozionante, coinvolgente e bellissimo nella sua tragicità. Faccio volentieri la strada da Verona per venire ad assistere ai vostri lavori. L’unico rimpianto è quello di non poter frequentare i vostri laboratori..! Continuate così. Il Teatro ha bisogno del Lemming..!
Paolo D.P
Buongiorno e ancora grazie!
Ho letto più volte e sto rileggendo la lettera, ma non riesco a focalizzarmi sui temi della distruzione e dello smarrimento, probabilmente ho un tratto caratteriale prepotente che mi obbliga a prospettive di ottimismo
Inizierei con considerazioni personali sulla musica
E’ perfetta In questo spettacolo la musica è stato il faro di bellezza nella tempesta di terrore, pianti, urla, buio, sudore E fuoco Ne riconosco (senza fatica) l’originalità, ma ci vedo un omaggio a The beginning di Ryan Arcand Non tanto per l’associazione alla tematica del sangue versato, ma perchè anche prima di iniziare a scrivere, l’essere umano non si arrende:
prova, sbaglia, sbaglia ancora e sbaglia meglio, si dimentica di un torto che non ha subito, giudica chiunque e assolve sè stesso, uccide per il gusto di farlo e crede di essere in cima alla catena alimentare.
Ma di contro inizia a restaurare l’Arena di Verona nel MedioEvo, dipinge con qualsiasi tecnica, non si rassegna agli insulti del tempo e sa ricordare
Forse io per prima non so capire, ma le civiltà umane lasciano patrimoni di qualsiasi tipo: il codice di Hammurabi, la sedia elettrica, l’UNESCO, […] e così in queste note leggere ho avuto la sensazione di essere accompagnata lungo i secoli per trovare, di fatto, un percorso che si è ripetuto molte volte uguale ma a cui è possibile dare un finale diverso
Anche il silenzio (che è stato pochissimo), le sirene, le percussioni e il buio hanno imbastito l’architettura perfetta
In merito all’autentico protagonista dello studio, Aeneas, inizialmente non ero riuscita a riconoscerlo
Sicuramente Ettore non poteva non essere nominato, per lo spessore straordinario del personaggio – per conto mio maggiore di quello di Agamennone – ma la presenza costante che ho scorto io è stata quella del Re Topo (di Hoffmann o Petipa?)
Proprio perchè perfino il Re Topo non aveva nessuna possibilità di vincere
Rileggendo la lettera e pensandoci di più, Aeneas non è mai rimasto in disparte
Trovo particolarmente efficace l’idea di sfruttare due palchi all’inizio, quando urlano le sirene,
e trovo altrettanto geniale il richiamo alla forma perfetta del cerchio, che non è possibile ottenere singolarmente
Lo spazio è stato padroneggiato in maniera sicura e professionale; ero veramente stanca ieri e ho fatto fatica anche ad alzarmi, sicché quando c’è stato da correre siete stati molto bravi anche a non ridere e ringrazio anche per questo
Restando in tema di professionalità, resto sempre ammirata e non posso capire quanto possa essere difficile
Soprattutto in termini di pazienza, perchè ho un carattere giocoso e ormai sono grandi anche i miei nipoti
Quindi grazie ancora per considerare anche questa possibilità nel rischio calcolato
Ho provato a ripensare alla domanda molto valida di uno spettatore: “alla fine anche noi dovevamo camminare?”
considerando che il gruppo precedente lo aveva fatto, in questo momento non vorrei sapere la risposta
Probabilmente il lavoro finale dopo questo studio me lo saprà suggerire
Vi auguro buona continuazione e spero ci sia occasione di rivederci anche prima del lavoro finale, che dallo studio si preannuncia veramente magnifico
A presto,
Chiara B.
Un saluto a voi!!
Eccomi finalmente con la recensione o meglio, una raccolta di pensieri e stimoli avuti ieri, con Attorno a Troia.
Che dire, tra le performance cui ho preso parte, questa è quella più “recitata”, nel senso, la recitazione ha una parte molto importante, non solo da parte degli attori ma anche dello spettatore.
Il linguaggio non verbale la fa da padrona, sin dall’inizio, dove dalla quotidianità del nostro vivere passiamo alla caoticità, quella fastidiosa, dove lo spettatore si sente inerme di fronte a quanto accade (la sensazione che ho avuto, prima nel sentire i soli rumori e poi vederli).
Nel momento in cui eravamo al centro della scena, non ho avvertito l’essere assieme agli altri compagni d’avventura…è come se fossi stato da solo, circondato dal doppio “spettacolo” del caos, dove anche la voce narrante diventa confusa e ritmicamente sostenuta, proprio come gli attori in scena (urlo finale compreso).
Il climax quindi in cui è calato lo spettatore diventa insopportabile e gli attori di ieri pomeriggio l’hanno ben testimoniato: dal dolore alla frenesia, alla deformazione fisica…c’è tutto!! e in questo lo spettatore ha un ruolo: inizialmente passivo (subisce i fatti, inerme, vede e non agisce) dall’altra si sente parte integrante, cambiando attore/attrice di volta in volta: il dolore, la perdita fisica, la compassione, la rosa..se fossi un attore avrei ben preso parte al dolore ma ho cercato comunque di dare il massimo, ci tengo particolarmente, sono degli spettacoli terapia per me, mi estraniano dalla realtà facendomela capire e Amare.
Il finale è affidato al cuore, al tessuto, cui tutti si affidano: la coperta è corta però e non c’è spazio per tutti, per dire: stop alla falsità e ai finti amori, quindi alle apparenze.
Nel mentre vi dipingo lo spettacolo (me lo ripercorro nella mente, senza lasciarmi influenzare dal foglio consegnato all’uscita), sto ascoltando due brani di Zucchero.
Valentino G.
La partecipazione all’evento ATTORNO A TROIA-AENEAS per 12 spettatori al Teatro del Lemming è stato coinvolgente dall’inizio alla fine. Mi aspettavo di “rivivere” il mito interiore della guerra tra Achei e Troiani; invece è stato l’odio del mio essere Acheo e del mio essere Troiano. E’ proprio l’odio l’incipit di questo studio. L’odio umano interiore, da cui non mi posso nascondere o esorcizarlo. Lo scenario vissuto è attuale, è vero, è davanti agli occhi di tutti con le vicende internazionali di questi dieci o più anni. Dopo l’iniziale visione dell’odio, la mia partecipazione è stata accolta da una richiesta: “che cosa si agitava nel mio cuore in quel momento?” Non ho colpe! Eppure il qui ed ora mi ha spinto ad entrare nel dramma della vittima e del persecutore attraverso i ricordi di un tempo passato ma che va ricostruito perché “questo paradiso” ora non c’è! Tra scenari di luci ed ombre, di fughe e ritirate si giunge umanizzandoci ad una consapevolezza universale: “siamo liberi ed uguali in dignità e diritti!”
Andrea P.