DAL 11 AL 18 SETTEMBRE 2023 – TEATRO STUDIO | Rovigo / 19 SETTEMBRE 2023 – HANGAR 11 | Belluno
In un’epoca di pensieri deboli e di fragili idee sul teatro, questo lavoro implicita la necessità di un ritorno al senso originario e profondo dell’esperienza teatrale.
Il teatro, al contrario di quanto comunemente si pensa e si pratica, non nasce come mera rappresentazione ma è, prima di tutto, accadimento: l’evento, cioè, condiviso da almeno un attore ed uno spettatore, in uno spazio e in un tempo comune.
Se per i greci Dioniso era il dio del teatro, lo era per la sua capacità di instaurare, attraverso il teatro, il regno della con-fusione fra realtà e illusione. Da qui il noto paradosso che vede la tragedia operare «un inganno per cui chi inganna è più giusto di chi non inganna e chi è ingannato è più sapiente di chi non è ingannato» (Gorgia, B 23 DK).
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E’ stato davvero un grande dono “prendere parte” e non, come si è soliti dire e fare, “vedere” questo spettacolo. Credo che in effetti il viaggio multisensoriale che questo rito performativo propone sia davvero importante per tutti noi: riappropriarci dei sensi è la via della consapevolezza.
Gentilissimi,
riporto ora alcune suggestioni che ho elaborato in questi giorni a seguito dell’esperienza di venerdì pomeriggio circa la rappresentazione di Edipo.
In primo luogo, mi ha fatta riflettere il fatto che lo spettatore non sia più tale. Secondo me, è un atto rivoluzionario e umanamente potentissimo: infatti, poiché l’etimo di spettatore è “spectator”, cioè “colui che guarda”, l’impossibilità di vedere con gli occhi durante quasi l’intera tragedia implica un cortocircuito dell’idea stessa di spettatore. Da voi non si va a vedere Edipo, ma lo si sperimenta sulla propria pelle- letteralmente: non c’è più distanza tra me e il protagonista, non sono in un luogo sicuro rappresentato dalla sedia, al di fuori del palco, ma sono dentro il mito e divento il mito, con le responsabilità e le pene che ne conseguono. E solo per metabolizzare questa consapevolezza ci vogliono almeno due giorni.
In seconda battuta, mi sono soffermata sulla valenza della vista: i Greci dicevano che chi era cieco era benedetto dagli dèi perché sicuramente deteneva la vista seconda, cioè la capacità di vedere il futuro. Se declino questa visione nell’ambito della Vostra poetica, capisco che per me non vedere con gli occhi ha implicato acuire tutti gli altri sensi: è raro che si presti attenzione allo sfiorare di un braccio o a un profumo particolare quando si è presi dalla frenesia quotidiana- non a caso, viviamo in una società oculocentrica e, di conseguenza, il 99% degli stimoli di ogni giorno riguardano la sfera visiva. Pertanto, la scelta di bendare lo spettatore è ancora più rivoluzionaria nel contesto ultracontemporaneo.
A questo, poi, è seguita una suggestione relativa al finale: tutto ciò che ho provato in ogni singolo istante, ogni frase che mi sono sentita dire, tutti i profumi che ho sentito non sono altro che me stessa, una parte di me, un interstizio del mio passato o del mio presente che si fa avanti e che Voi fate esplodere, ma che solo nella dimensione fisica del teatro ho compreso. Per questo, la carica di un’azione di questo tipo non è solo quella di uno spettacolo teatrale, bensì quella di un rito: siamo tornati alle origini del mito occidentale, ma anche del teatro nella sua funzione politica, nel senso etimologico dell’aggettivo politico. Direi, infatti, che questa esperienza sia plasmante e formativa per il singolo, quantomeno per come l’ho vissuta io: i primi pensieri che si fanno quando ci si dirige verso la macchina riguardano singoli istanti- il coltello, l’incesto, la fustigazione, etc…, però poi ho vissuto una sorta di illuminazione. Ho capito, senza sapere come né perché, che questa esperienza mi ha cambiata, e dunque il primo pensiero è stato quello di urlare: “Dovete andare anche voi, dovete vivere quello che ho vissuto io!”, proprio come se il rito avesse avuto un significato formativo per me come parte della pòlis, della cittadina, e come se ogni politès dovesse sperimentare lo stesso per crescere, rendersi conto di ciò che siamo, e agire di conseguenza. Chiaramente non è un discorso logico- in fondo, oggi ho fatto quello che facevo anche giovedì prima di sentire Edipo-, eppure è come se dentro di me avessi raggiunto un grado di consapevolezza in più.
Con affetto e stima,
Vostra Benedetta